Verdecammino

Varchi - Alessandro Forlani

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Alexander Von Poppeldorf
view post Posted on 27/2/2013, 14:03 by: Alexander Von Poppeldorf     +1   -1




Partecipo al contest con questo secondo racconto. Ho postato perciò nella sezione Fantascienza, come richiesto dal regolamento, una recensione dell'antologia "W.A.R." di Dario Tonani, e.book pubblicato da Mezzotints. Spero sia tutto in regola!


I teli insanguinati tappezzavano l’altura, stesi tutt’attorno il macigno a coprire i cadaveri dei giovani fatti a pezzi. Gli agenti della scientifica, terrei negli scafandri, componevano i moncherini setacciati nell’erba alta.
«Non credo di farcela», ammise Gineprini.
«Vada, maresciallo; noialtri ce la caviamo.»
Lui ridiscese fino l’Ape del testimone parcheggiata a bordo strada alle pendici del colle. L’appuntato congedò quel poveretto trasecolato che, risalito sulla treruote, accelerò per la sterrata che s’immetteva nella Statale.
«Ha aggiunto qualcosa?»
«Ha ripetuto che facevano un gran casino: quello, un rave party non sa neppure cos’è. Se ho capito il dialetto», l’agente esitò, «è convinto che il diavolo all’alba s’è scocciato, è uscito dalla porta, e li ha…»
Una folata dello scirocco di luglio portò l’olezzo di stallatico e d’omicidio. Il giovane sbiancò, Gineprini inghiottì:
«Lascia perdere, mi rendo conto: non c’è una parola. Cos’è 'sta stronzata della porta e del diavolo?»
«È una leggenda di tutti i borghi della vallata: di demoni, che dormirebbero sotto il colle; che è forato di varchi per il loro aldilà. A turno i valligiani fan processioni per impedire che si sveglino ed escano. Ma in certe circostanze…»
«Per esempio un rave party?»
«Maresciallo», nicchiò l’appuntato, «io sono nato e cresciuto da queste parti, ma… c’è da dire che questa non è una collina: è un tumulo dei Senoni; e la pietra, lassù, ciò che resta di un dolmen. A noi gli insegnanti lo spiegarono alle scuole medie, ma ai vecchi contadini, che certe storie se le tramandano, l’idea fa impressione.»
Gineprini scosse la testa e sputò, lo stomaco gli bollì sotto il cachi dell’uniforme. Si ricordò di una cabina di plastica reclinata sull’altro fianco della collina:
«Di là c’è un cesso chimico?»
«Sì, maresciallo.»
«Anche il cesso, si erano portati dietro.»
Ritornò, sulle punte dei mocassini, su quell’orrido percorso ad ostacoli di pozzanghere di sangue e cadaveri mutilati.
Entrò nella cabina, si sciolse la cintura, si tolse i pantaloni e si tenne all’attaccapanni. Vomitò nella tazza. Debole e madido si accasciò sul sedile, si tolse il cappello; si strinse fra le mani le tempie accalorate:
«Che schifo», grugnì.
L’ansia per il rapporto da consegnare in Comando, la ripugnanza per il carnaio là fuori, l’odio, l’orrore per la mente malata o la bestia capace di una simile mattanza gli strapparono dalle labbra una raffica di bestemmie; una nota di scherno per l’ignoranza di quell’anziano:
«…il diavolo… dorme… una porta!»
L’acqua si essiccò nel sifone del water. Gineprini distinse, là sotto, un impossibile cigolio di maniglie e di cardini.
Un alito gelato gli soffiò fra i testicoli, dal fondo del tubo un ruggito, una voce:
«Tacete, lì sopra! Qui sotto si dorme!»
Un chela verrucosa, un enorme tentacolo, eruppero dal bidè e gli schiantarono il costato. Gli segarono le carni, lo avvolsero di ventose. Lo bruciarono e lo scagliarono, mutilato e tranciato in due, fuori dal varco spalancato nel bagno chimico.

Edited by Feleset - 27/2/2013, 16:02
 
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