| I telegiornali lo chiamavano Big Beak, o anche Pennuto dell’Incontinenza. Nessuno era in grado di pronunciare il suo vero nome, un insieme di suoni gutturali cacofonici simili al catarro che risale lungo la gola. La sua navicella era giunta sulla Terra in primavera. I radar, sia civili che militari, non rilevarono nulla, per loro il cielo era sgombro da veicoli. Un uovo metallico delle dimensioni di un’automobile cadde semplicemente dalla stratosfera, diretto al cuore di New York. Vedendo l’oggetto sfiorare i grattacieli più alti della città statunitense, molti passanti si misero sconcertati le mani davanti alla bocca e temettero il peggio. Il ricordo di quel dì, verso la metà del 2001, ritornò vivido alle loro menti. Per fortuna, non vi furono incidenti. Niente esplosioni, nessun impiegato costretto a lanciarsi dal quarantesimo piano, né corpi carbonizzati ritrovati in mezzo alle macerie. La navicella giunse a terra intatta. Gambe scheletriche d’alluminio si spiegarono per sorreggerla, e un portellone liscio e riflettente come la testa pelata del Capitano Picard si aprì dinanzi agli occhi dei presenti. Ne venne fuori una figura antropomorfa, con tutti e quattro gli arti delle medesime dimensioni e una tuta bianca indosso. Questa era decorata da piume stilizzate e lettere simili a caratteri arabi a formare brevi parole. In testa, l’alieno portava un casco allungato sul davanti, che visto di profilo ricordava la forma di un grosso becco. Alcune pattuglie della polizia si radunarono presto attorno al luogo dell’atterraggio, e ben sette unità dell’FBI le avrebbero presto raggiunte. Big Beak fece qualche passo sul suolo terrestre e, vedendo gli agenti armati, si bloccò timoroso. Dalla cinta della tuta estrasse una pistola come quella di Marvin dei Looney Tunes, e tolse la sicura. I poliziotti non poterono che far fuoco. L’alieno compì un balzo di quattro o cinque metri nell’aria, e da lassù sparò a sua volta. Prima di ritoccare terra, il raggio celeste della pistola colpì ognuno degli oltre duecento presenti. Questi si piegarono in due per via dei crampi addominali, strisciarono per terra e si batterono con tutta la loro forza per mantenere quel poco di dignità che avevano. Alla fine, però, dovettero arrendersi e farsela sotto. Nessuno poteva avvicinarsi a Big Beak, e l’utilizzo di droni militari nel centro di New York era impensabile, così l’alieno poté muoversi liberamente. Si avvicinò a uno stand di hot dog abbandonato, afferrò pane, würstel e salse e se ne preparò uno. Mentre era in orbita, diretto ad un pianeta al di fuori dal Sistema Solare, la navicella aveva captato dei segnali video. Uno spot pubblicitario sugli hot dog della Sabrett. Vedendoli così allungati e soffici e colorati, all’alieno era venuta voglia di assaggiarne uno, dicendosi che certo non potevano essere peggiori delle sue capsule alimentari. Ora, con il casco sottobraccio e i cecchini pronti a farlo fuori, realizzò che la sosta sulla Terra non era stata affatto infruttuosa.
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