Il bambino e la luna
Lo stagno.
La cima delle canne buca la foschia, spilli dritti sulla nebbia densa. Odore di escrementi di uccello e solitudini. La luna piena, poche stelle, un sottofondo di rane e grilli.
Il bambino ha il viso viola, segnato dal fango che puzza di fogna, la bocca socchiusa, senza incisivi. Con l’unghia del mignolo si pulisce gli occhi dalle cispe.
Muove passi lenti tra le pietre umide sulla riva, i piedini scalzi che affondano nella melma.
Tra lui e lo spirito una distanza di pochi metri. Il bambino cammina piano, respira con calma, non fa rumore.
Lo spirito segue il volo delle zanzare, gli dà le spalle, non si è accorto di nulla. Ogni tanto si stringe nel mantello logoro, reprime un brivido di freddo e tossisce.
La luna scompare dietro una nuvola e il bambino si ferma: troppo buio.
Sente il rantolare dello spirito, ne sente la puzza di urina, il tossire sommesso. Stringe i denti, si fa guidare dai suoni, dal naso. Riprende a camminare.
La nuvola libera la luna, lo spirito è a meno di un metro. Ha gli occhi rossi, fulmini di vene amaranto, un tramonto nel bulbo oculare. Fissa il bambino, senza paura.
- Alla fine mi hai trovato…
Ha una voce da vinile graffiato.
Il bambino annuisce e si pulisce il moccio con il dorso della mano.
- Vuoi ancora uccidermi?
Il bambino alza il viso e controlla la luna. La immagina di formaggio, poi d’argento. Ne vede gli abitanti: omini verdi che fanno salti lenti e lunghissimi. Abitano in case di cristallo, mangiano degli ortaggi verde bottiglia, hanno uno spiccato senso dell’umorismo. Sbatte le palpebre, la luna è sempre là. Ne sente il profumo di cielo, la fragranza che milioni di notti le hanno dato, la sente piangere, ridere, vivere. La luna racconta di storie d’amore, di violenze, di guerre, di amicizie. La luna gli sorride.
Il bambino sputa per terra.
- Sì. Voglio ucciderti.
- Non mi lamento, è un buon posto per morire.
Il bambino fruga nelle tasche della salopette ed estrae un coltello da cucina. Lo spirito mostra il collo, la giugulare pulsa.
- Posso sapere almeno il perché?
Il bambino vede il pomo d’Adamo dello spirito salire e scendere.
- Perché sono stufo stramarcio di essere strano.
- Sono solo la tua fantasia, ripensaci, se…
Il bambino chiude gli occhi e colpisce. Un fiotto di sangue macchia i massi.
Ora lo stagno è scomparso, c'è solo il bagno di casa, con le piastrelle azzurre e la specchiera appannata. Esce dalla vasca e si asciuga.
Dalla finestra può vedere la luna: una palla di roccia insulsa sospesa nel cielo.
Edited by Tiferet * - 24/3/2013, 23:01