MarcoF. |
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| Sento l'astronave sussultare durante l'atterraggio. Capisco che il mio viaggio interstellare a senso unico è finito. Ho la bocca asciutta, le mani fredde e sudate. Sono un terrestre che non rivedrà mai più il suo pianeta d'origine perché ha ucciso la sua Christine. E' incredibile il livello di sconvolgimento interiore che può provocare un addio. Una mattina ti svegli sentendoti dire che l'amore è finito e in un attimo perdi tutto. Poi qualcosa nella tua testa smette di funzionare e così il semplice impiegato scompare, trasformandosi in un… scusate, ma è dura pronunciare quella parola. Il coperchio della capsula di contenimento in cui mi trovo si apre mentre una serie di olofrecce lampeggianti mi indicano l'uscita. Siamo una cinquantina di carcerati, scendiamo a turno la scaletta della navicella guardandoci attorno. Qui, tutto è davvero simile alla Terra. Fino a qualche anno fa il pianeta Talos IV rappresentava una minaccia. Scoperto dalla sonda Voyager V, fu in seguito esplorato e ritenuto privo di qualsiasi forma di intelligenza paragonabile alla nostra. Ma l'equipaggio della spedizione non poteva certo immaginare di trascorrere il viaggio di ritorno in compagnia di misteriosi microorganismi capaci di impadronirsi della mente umana, assimilandone ogni conoscenza ed eliminando qualsiasi traccia di personalità. Ai talosiani giunti sulla Terra, via via sempre più numerosi, sembrava piacere la nostra razza, tanto che con il tempo si vennero a creare vere e proprie lobby di soggetti posseduti. A noi umani, ormai in ginocchio, non restava che una sola carta da giocare per la sopravvivenza: quella di una specie di armistizio. Saremmo stati liberi a patto di fornire loro nuova manodopera da controllare nonché mezzi adeguati per far ritorno su Talos. Ebbe così inizio la nascita di una società aliena a spese delle sovraffollate carceri terrestri. E dunque, eccomi qui. Pronto a farmi annullare, iniziando una nuova vita che di fatto non vivrò. Sono passati diversi giorni dal mio arrivo. Mi è stato assegnato un alloggio, sono libero di muovermi ma sento di essere continuamente pedinato e spiato, giorno e notte. In attesa della mia unione casuale con un intelligenza invisibile, vago liberamente per questa metropoli dal nome impronunciabile. Tutto qui è simile alla Terra. I palazzi, la pioggia, l'asfalto. La gente per strada sembra perennemente di fretta. Camminano a testa bassa senza mai guardarsi negli occhi, come sconosciuti dal destino comune ma in continua competizione. A volte sollevo lo sguardo al cielo pensando a quanto sia bizzarro sentirsi a casa pur trovandosi ad anni luce di distanza. Dicono che i talosiani annullino la personalità e la natura dell'uomo. In fondo non ne sono poi così convinto.
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