| Secondo racconto con il quale partecipo al contest. Nella sezione fantascienza ho pubblicato una mia recensione del romanzo "Gli strani suicidi di Bartlesville" del grande Fredric Brown
Vagava come uno spettro attraverso corridoi illuminati da una nauseante luce giallognola. A tenergli compagnia c'era solamente il lontano brusio dei motori a fusione della Caronte. Ancora pochi metri e sarebbe arrivato nel modulo panoramico. Quella sera lo spettacolo era da non perdere. Saturno e i suoi anelli erano di scena. La porta a iride si aprì automaticamente catapultandolo in un ambiente surreale. La conformazione a mezza luna del monitor, lungo più di trenta metri, avrebbe dovuto rendere la visione ancora più emozionante. Appoggiò la mano sullo schermo rimanendo lì, in silenzio, a osservare quel meraviglioso disco giallo fatto di gas; quegli anelli all'apparenza tanto fragili quanto maestosi. In passato aveva visto delle persone persino piangere di fronte a tale bellezza. Il rotolare silenzioso delle lacrime umane attirava da sempre la sua attenzione chiedendosi da cosa potessero essere causate. Ma a quella domanda, così complessa, non sapeva rispondere. In lui albergava la consapevolezza dell'essere umano ma senza alcun coinvolgimento emotivo. Era solamente una macchina, un cyborg, costituita in minima parte da materiale biologico, prevalentemente di natura celebrale. Un guscio vuoto costruito a immagine e somiglianza dell'uomo. Quanto avrebbe voluto piangere sentendo delle calde lacrime scendere dal suo viso. Distolse lo sguardo da Saturno, sempre più lontano e sbiadito, osservando la restante stanza immersa nell'oscurità. - Silicio...sentimenti...silicio...lacrime umane... cervello... - Continuando a ripetere quelle parole, uscì dalla sala perdendosi nuovamente nella semioscurità delle viscere di Caronte.
Da qualche parte aveva letto che certi umani praticavano quello che veniva chiamato cannibalismo psicopatologico. - La soluzione non può che essere questa! – commentava con la sua fredda voce sintetica, mentre tirava fuori dai loculi frigoriferi l'ennesimo cadavere. Strappava con frenesia pezzi di scatola cranica per poi addentarne la materia grigia in essa contenuta, ingoiandone grosse porzioni per volta. Le direttive del suo ormai corrotto sistema operativo erano chiare. Sostituire il normale pasto, a base di soluzione organica, con materia celebrale umana. Questa era la chiave fondamentale per assimilare la natura dei suoi creatori, per possederli affettivamente o, più semplicemente, per essere come loro. Avrebbe fatto suoi certi meccanismi che la sua dannata programmazione sopprimeva finché un giorno, lo sapeva, sarebbe riuscito persino a piangere. Il bozzolo, prima o poi, si sarebbe schiuso liberando la farfalla. Il cibo a bordo del cargo funebre Caronte, incaricato di riportare sul pianeta Terra le spoglie mortali dalle varie colonie sparse nel sistema solare, non sarebbe finito così presto e lui, in quanto unico membro dell'equipaggio presente sulla nave, avrebbe agito indisturbato.
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