| Oceano, 20 Febbraio 1521 Il dottor Ezequiel de Reza faticava a tenere il passo di Rogelio e Pepe. Ancora un tornante nel sentiero, poi altri cinquanta metri di spiaggia bianca per arrivare alla scialuppa, e poi… E poi niente. I tre rimasero impietriti sul limitar della macchia insulare. Una decina di quelle cose stava facendo a pezzi la scialuppa, impugnando a mani nude delle pietre affilate. Un gruppetto di altre cinque era di guardia. «E’ finita, professore. Non lasceremo mai quest’isola», disse Rogelio. «E tutto per le sue maledette erbe», aggiunse Pepe. «Ci dovrà pur essere un modo…», cominciò a dire de Reza. «E quale? Quelle creature ci stanno sbarrando la strada. Un’altra orda, quella che ha ammazzato mio fratello e Luis, ci sta inseguendo. E’ finita.» Rogelio cadde in ginocchio. I suoi singhiozzi si mescolarono al ritmico battere della pietra sul legno. Un movimento nel cielo attirò l’attenzione del botanico. «Qui, Toki Toki. Qui.» Il pappagallino del comandante Fernando de Magallanes si posò docilmente ai piedi del dottore, che non perse tempo e, tirato fuori un taccuino, cominciò febbrilmente a scrivere.
Comandante, aiutateci, per l’amor di Dio. Stavo raccogliendo fiori ed erbe sull’isola quando Luis e Manuel sono stati aggrediti da ominidi. O almeno credo. Ci siamo trovati di fronte a delle creature ben più basse di noi, ma con una muscolatura ben sviluppata. Non le ho osservate bene, ho avuto paura, ma ecco ciò che ricordo: petto villoso, braccia e gambe un po’ meno, facce lisce e piatte, incorniciate da peli, a mò di criniera. Ma sono altre le cose che mi han colpito ancora di più. I denti, triangolari e affilati, sembrano fatti per tagliare e mangiare: questi ominidi sono cannibali; li ho visti morsicare i nostri sfortunati amici mentre erano ancora vivi. Aiutateci. Ho incrociato lo sguardo di uno di loro. Era antico come la Terra, e senza emozione. Gli occhi di un predatore. E poi, oh mio Dio, queste creature son provviste di una corta coda. Una coda, buon Dio. Sembrano temere però il pam! degli archibugi, forse ciò ci consentirà di sopravvivere sino al vostro arrivo. Aiutateci.
Mezz’ora dopo, il messaggio, allegato alla zampa dell’uccello, arrivò nella mani del comandante mentre questi stava parlottando con Juan de Santangel, il medico di bordo, e con il criado Antonio Pigafetta; de Magallanes si trovava sulla caravella Trinidad, al largo della barriera corallina che circondava l’isola. Ferme a qualche lega di distanza, e nella bonaccia dell’Oceano, si trovavano la caracca Victoria e la Concepción. «Venite in cabina», disse de Magallanes al medico e all’italiano. «Faccio ammarare delle scialuppe?» disse Pigafetta. «No.» «No?» «Purtroppo dobbiamo abbandonarli. Parlerò io con gli uomini, dirò delle bugie, non possiamo permetterci altre perdite andando incontro a pericoli ignoti. Vi chiedo di giurare sulla Bibbia che serberete il segreto. Io annoterò sulle carte che quell’isolotto è disabitato.» Giurarono.
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